Il Vesuvio è il Vulcano più famoso del mondo, alto circa 1281 m, ha alle spalle millenni di storia.
È stato protagonista di molte opere letterarie, infatti già nell’antichità sia la
letteratura greca che quella latina dedicarono una mole di scritti all’antico cratere.
Il nome del Vulcano è associato al termine “cas” che significa “risplendere, bruciare” o ancora lo si ricollega al nome della Dea greca
Vesta,
divinità del fuoco e del focolare. Il monte era
amato per le sue fertili terre, per le sue magnifiche tenute di
campagna, per i suoi fenomeni geologici e soprattutto perché zona
residenziale di lusso dei patrizi romani. Secondo gli studiosi le
popolazioni che vivevano alle falde del Vesuvio prima del I secolo a.
C., erano del tutto inconsapevoli che tale vulcano fosse attivo e
pericoloso a causa delle possibili violente eruzioni di lava, anche se
alcuni letterati greci, primo tra tutti lo scrittore
Strabone e poi Diodoro Siculo, nel I secolo a. C., avevano ben individuato il profondo nesso tra “il fiume di fuoco (lava) e Vesuvio”.
I successivi intellettuali latini, Seneca, Sisenna, Plinio
il Vecchio, Vitruvio, Virgilio, Columella, ecc,
ignari che il gigantesco monte avesse un passato di sconvolgenti
eruzioni lo stimarono come locus amoenus, ossia inizialmente lo apprezzarono per i suoi giardini, per la
sua coltivazione orticola e per la sua notevole attività vinicola.
Il noto poeta contemporaneo Giacomo Leopardi, definisce così il nostro Vulcano, <<Sterminator Vesevo>> e ricorda che
<<questi campi cosparsi di ceneri infeconde, e ricoperti dell’impietrata lava, che sotto i passi al peregrin risona; [ ] fur liete ville e colti, e biondeggiar di spiche, e risonaro di muggito d’armenti; fur giardini e palagi, agli ozi de’ potenti gradito ospizio;
e fur città famose che coi torrenti suoi l’altero
monte dall’ignea bocca fulminando oppresse con gli abitanti insieme [ ]
>> - (La ginestra o il fiore del deserto, 1836).L’atroce risveglio del cratere si ebbe la notte del 24 agosto del 79
d.C., quando durante l’eruzione del Vesuvio furono distrutte intere
città, tra le quali Ercolano, Stabia e Pompei, seppellite dalle ceneri e lapilli. Nei secoli a seguire ci
sono
stati numerosi autori che hanno raccontato tante
altre catastrofiche eruzioni avutesi fino ai nostri giorni, (ricordiamo
che l’ultima è avvenuta nel marzo 1944). Nel corso degli anni, a partire
dal 1631 fino al 1944,
infatti si sono sempre più intensificati fortissimi
boati, terremoti, terribili tuoni emessi dal Vulcano, lente effusioni di
lava, piogge di zolfo che hanno bruciato molti campi, lanci di scorie e blocchi
vulcanici. Quindi spesso il Vesuvio ha emesso soffocanti nubi di gas,
colate di fango, frane di materiali vulcanici che hanno seminato anni
addietro panico e distruzione. A livello
geologico si possono tuttavia distinguere i
principali tipi di eruzione che hanno visto protagonista il nostro
Vesuvio negli ultimi 25 mila anni; quella di tipo esplosiva pliniana che è un’ eruzione
catastrofica (79 d. C. ), quelle definita effusiva (che si ebbe ad esempio nel 685 d. C), ed è considerata un’ eruzione moderata; o ancora quelle dette effusive-esplosive del 472 d. C., del 787
d. C., del 1631, ecc, le quali sono eruzioni forti dette subpliniane.
Questi cataclismi furono caratterizzati ora da flussi di lava, ora da
imponenti colate di lava verso il mare, ora da colonne stromboliane e da
lahar (colata di fango ricco di materiale piroclastico), ora
dalla caduta di ceneri. Le ceneri del Vesuvio, in molti casi, spinte dal
vento, sono arrivate fino alla Puglia, e sono state capaci di coprire
le vie dei paesi vesuviani raggiungendo addirittura strati di altezza
anche di 70-90 centimetri. Tanto è vero durante l’eruzione del 1906, il
paese di Ottaviano fu coperto per l’appunto da uno strato di cenere di
90 centimetri, mentre a San Giuseppe Vesuviano lo strato di ceneri e
lapilli raggiunse 38 centimetri di altezza. L’ultima eruzione del
Vulcano è avvenuta il
18 marzo 1944,
anche se alcuni segni premonitori si ebbero il 6
Gennaio. Nel mese di Gennaio si fratturò il conetto eruttivo vesuviano
che comportò la scesa di un intenso flusso lavico mentre nel mese di
Marzo esplosioni stromboliane, le scosse sismiche, la diffusione del
fumo dannoso dal cratere e nei giorni a seguire la formazione di ben 8
fontane di lava. Il fiume di lava raggiunse i Comuni di S. Sebastiano e
Massa di Somma. Le cittadinanze maggiormente colpite dal cataclisma
furono Terzigno, Pompei, Scafati, Angri, Nocera, Poggiomarino e Cava; ci
furono dei morti e tanti disastri nel settore agricolo-pastorale.
Passarono molti mesi per scoprire quanti disagi subirono gli orti e gli
interi Paesi. Lo stato di calma iniziò il 7 Aprile 1944 e perdura fino
ad oggi.
Oggi il Vulcano è in fase di quiescenza; si limita a emettere visibili
fumarole all’interno del cratere e le sue falde sono intensamente
abitate e coltivate. Case, alberghi, ristoranti,
villette, palazzi, hotel e uffici sono stati
edificati fino a 700 metri di altura, pertanto l’edilizia è ampiamente
sviluppata attorno al Vulcano, sebbene nel corso degli anni sono state
emanate leggi che hanno
proibito la realizzazione di vari e diversi immobili in determinate zone
vesuviane. I paesi che circondano il Vesuvio sono detti per l’appunto Paesi Vesuviani
e tra essi 18 Comuni sono ad alto rischio: Pompei,
S. Anastasia, Torre del Greco, Somma Vesuviana, Torre Annunziata,
Ercolano, Pollena Trocchia, Boscoreale, Portici, Boscotrecase, Trecase,
S. Giorgio a Cremano, Terzigno, S. Giuseppe Vesuviano, S. Sebastiano al
Vesuvio, Massa di Somma e Cercola. Essi infatti vengono indicati come
paesi appartenenti alla
Zona Rossa, (area dei paesi da evacuare poiché in quest’ area è prevista una distruzione totale); ciò significa che circa 578.175 persone
sono in pericolo. Si ricorda che è stato steso un apposito
piano di evacuazione dalla questura di Napoli,
garantendo un’ operazione ordinata e coordinata molto efficace ed
efficiente. I cittadini qualora dovranno allontanarsi dall'area a
rischio avranno a disposizione
vari mezzi di trasporto: treni, navi, bus e auto.
Inoltre sono state designate con differenti colori le altre zone
considerate meno rischiose, a secondo la gravità di una eventuale
eruzione abbiamo dunque la zona rossa, la zona arancione, la zona verde e quella gialla.
via portanapoli.com
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